PUBBLICAZIONI

Acque Minerali: Carta d’identità del nostro primo Alimento.

Meglio dal rubinetto o dalla bottiglia?

Il rubinetto domestico offre un’acqua la cui purezza microbiologica è garantita dall’ente distributore solo fino a un certo punto della rete; sarà compito del singolo utente verificarne la completa sicurezza, tramite la manutenzione delle proprie tubature e la pulizia dei filtri. L’acqua di casa ha caratteristiche organolettiche determinate dall’ubicazione geografica: non si possono scegliere. Quindi le caratteristiche qualitative non sono totalmente note e non sono costanti.

L’acqua di fonte, imbottigliata all’origine, ha invece un duplice vantaggio derivato dal fatto che ogni bottiglia ha caratteristiche chimico-fisiche e di purezza costanti e definite, ben evidenziate sull’etichetta; l’acqua di fonte, dunque, fornisce sia garanzia di sicurezza microbiologica, sia la possibilità di essere scelta per le sue caratteristiche organolettiche.

Ognuno può scegliere la fonte minerale più idonea alle proprie esigenze. Da qui l’idea di considerare l’acqua come un alimento. Molto importante è anche il contenitore. È più corretto comprare l’acqua in bottiglia di vetro, perché questo materiale, a differenza della PET, non cede sostanze e non altera la qualità dell’acqua; nelle bottiglie di plastica in situazioni di aumento della temperatura possono verificarsi dei cambiamenti della composizione microbiologica, soprattutto nelle fasi di trasporto e deposito. Anche dal punto di vista ecologico le bottiglie di vetro rispettano maggiormente l’ambiente, perché è più facile e immediato il loro riutilizzo.
In conclusione non c’è una scelta migliore dell’altra. Bere l’acqua del rubinetto è giusto e intelligente tanto quanto comprare un’acqua minerale adatta alle proprie esigenze fisiche. L’importante è essere informati su ciò che si beve.


Cecilia Pedroni

Dr.ssa in biotecnologie mediche – Biologa Nutrizionista – Master in Nutrizione Umana

Articolo tratto da: CiBi, Arte e Scienza del Cibo - anno 1 - n. 4: pag. 23






Le intolleranze crescono come Funghi


Ebbene sì, è possibile che qualcuno tra noi possa soffrire di una serie di fastidiosi e persistenti disturbi che trovano come causa un’intolleranza agli alimenti appartenenti alla famiglia dei Fughi. E non è difficile immaginarne le cause; basterebbe avere come abitudine mangiare cibo cinese qualche volta a settimana, e magari associare a ciò un consumo eccessivo di prodotti lievitati, scegliendo spesso una panetteria nella pausa pranzo, per sentirsi gonfi, irritati, soffrire di nausea, mal di testa e magari avere strane eruzioni cutanee. Questo è solo un esempio per mostrare come comportamenti alimentari monotoni possano essere determinanti nell’insorgenza delle intolleranze alimentari, in particolare quelle ai funghi e ai lieviti; questi ultimi, da una recente analisi ottenuta dai referti ALCAT Test di IMGeP degli ultimi tre anni (*), sono risultate le intolleranze, dopo quella al Nichel più diffuse tra i nostri pazienti.
E’ plausibile pensare che i soggetti intolleranti ai prodotti lievitati lo siano anche ai funghi poiché entrambe gli organismi sono eucariotici e fanno parte dello stesso ramo evolutivo; pertanto il nostro sistema immunitario è facile che riconosca e reagisca allo stesso modo nei confronti dei cibi appartenenti ad entrambi i gruppi proprio perché vicini biologicamente. IMGeP, per poter meglio identificare questo tipo di reazioni avverse e valutarne più differenziatamente l’origine, ha voluto costruire un nuovo pannello ALCAT 25 + 5. Questo nuovo Test aggiunge, ai classici 25 alimenti del Pannello ATSP 25, cinque rappresentanti della famiglia dei Funghi. Il nostro ATPS 30 speciali Funghi potrà anche essere sfruttato per vagliare e confermare la correlazione tra intolleranza ai lieviti e ai funghi. Ma perché proprio l’intolleranza ai funghi? E’ un cibo così spesso consumato? Come dicevamo la moda del cibo cinese e la diffusione di alcune sostanze alla base di ormai molti integratori utilizzati per varie problematiche (prestazione sportiva, rafforzamento delle difese immunitarie..) potrebbero, nel complesso, arrivare ad accumularsi nel nostro organismo tanto da provocare intolleranza. Senza nulla togliere alle proprietà straordinarie di alcuni estratti di funghi himalayani e alla cultura e al fascino della cucina orientale, sicuramente ricca di cibi dalle alte qualità organolettiche, che non merita altro che essere apprezzata e provata come le altre cucine di tutto il mondo; il nostro scopo non è certo negativizzare né l’integrazione né il cibo etnico. Il punto non sono gli ingredienti, le sostanze e i cibi di origine cinese, il punto è affidarsi troppo spesso a soluzioni alimentari veloci, comode, abbondanti ed economiche ma a lungo termine deleterie e rendersi conto quando è il momento di curarsi. In conclusione, il messaggio importante è: “verifichiamo”, cosa ci sta intossicando? Troviamo ciò che non funziona nelle nostre abitudini alimentari, “disintossichiamoci” e “impariamo” memori dei malesseri sofferti che varietà e qualità dei cibi devono rientrare nella nostra quotidianità.
 
Cecilia Pedroni
Dr.ssa in biotecnologie mediche – Biologa Nutrizionista – Master in Nutrizione Umana

 
(*) Tesi "Analisi dell'andamento statistico e stagionale delle Intolleranze Alimentari, valutato per Grandi Gruppi Alimentari, dai risultati dei Test ALCAT degli anni 2010, 2011 e 2012"  - Master in Nutrizione Umana - Università degli Studi di Pavia - Dr.ssa Cecilia Pedroni


LE INTOLLERANZE ALIMENTARI: INTOSSICAZIONI DA CIBO
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Chi non si è mai chiesto: «Se fossi intollerante a qualcosa che mangio?» Domanda più che legittima viste le abitudini alimentari diffuse in gran parte di noi. Spesso per motivi organizzativi e per mancanza di tempo da dedicare alla preparazione dei pasti o alla spesa, la nostra dieta tende ad essere carente nella varietà e qualità. Oggi, immersi nella routine frenetica di ogni giorno, mangiamo le stesse cose, ripetitivamente e tutto l’anno. È più semplice d’altra parte reperire cibi pronti spesso ricchi di lieviti chimici e conservanti oppure preparare snack veloci come panini, piadine e pasta prodotti molto raffinati e con molto glutine. Ma quando si parla di poca varietà ci si riferisce anche a quella relativa a frutta e verdura, ormai disponibili sulle nostre tavole con facilità, provenienti da ogni parte del mondo e in qualsiasi periodo dell’anno. Va da sé che possiamo mangiare la nostra frutta preferita così come le verdure che più ci piacciono tutto l’anno. La perdita della stagionalità di questi prodotti propone un menù monotono e ripetitivo. Tutto ciò contribuisce a “intossicarci” con il cibo, fenomeno alla base delle intolleranze alimentari. Queste ultime pertanto insorgono nel soggetto che possiede una dieta orientata prevalentemente verso alimenti appartenenti a questi gruppi principali:
• frumento (prodotti da forno, pasta, biscotti, cracker, grissini…);
• lieviti (pizza, pane, brioches, birra, formaggi…);
• latte e derivati (formaggi, yogurt, latte…);
• nichel (tonno, salmone, gamberi, broccoli, pomodori, zucchine, piselli, noci, uva…e molti altri); • salicilati (olive, arance, arachidi, fragole, ribes, zucchine… e molti altri). Le intolleranze alimentari hanno alla radice un meccanismo immunologico ormai definito scientificamente, e quindi conoscerne le basi può aiutarci a risolvere i fastidiosi disturbi che ne conseguono. L’introduzione eccessiva dei medesimi cibi, appartenenti allo stesso gruppo alimentare, va a generare uno stato infiammatorio a partire dall’intestino dove il sistema immunitario tende a reagire contro le molecole alimentari introdotte troppo spesso e a produrre un’infiammazione che poi si diffonde nel corpo. Non a caso i sintomi più comuni sono tutti legati a uno stato infiammatorio: mal di testa, mal di pancia, dolori articolari, stanchezza e molto spesso difficoltà al dimagrimento. Per verificare se abbiamo intolleranze è così necessario un test che valuti dal sangue la reattività dei granulociti neutrofili (le cellule responsabili dell’infiammazione) ai diversi alimenti. Le intolleranze alimentari ci dimostrano quindi che una dieta che comprenda frutta e verdura, fonti diverse di proteine (pesce, carni, uova e legumi…) e grassi buoni (come quelli vegetali ricchi in omega3), con una giusta dose di carboidrati complessi integrali e povera di zuccheri semplici, sia davvero la dieta ideale. Facile? Assolutamente no, ma provarci è il primo passo verso la preservazione di un buon stato di salute e di benessere!

 
Dr.ssa Cecilia Pedroni
Navigli n.1, novembre 2015
 
 

 

VINCERE UN’ULTRA TRAIL? SI PUO’ FARE…


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Ad Omegna, sul Lago d’Orta, lo scorso 17 ottobre mi aspettava il mio primo “ultra”: spingermi oltre i 42 km sarebbe stata un’esperienza nuova; con curiosità e un pizzico di timore ho affrontato la preparazione a questa impresa, con la consapevolezza che “prepararsi” ad una 58 km, tra l’altro su trail e in montagna, sarebbe stato difficile.
Su un percorso così lungo entrano in gioco tanti elementi: la condizione fisica, quella mentale, il tempo atmosferico ma anche le variazioni di temperatura e clima dovuti ai cambiamenti di quota per gli importanti dislivelli presenti.
Ho affrontato tutto partendo dalla serenità mentale: fare questa gara significava vivere una giornata nel pieno della natura, facendo un viaggio da un paesaggio all’altro, abbandonandosi pienamente alla felicità che questo contatto con l’ambiente mi avrebbe regalato. Con questa idea e nessun altra preoccupazione sono partita e sono arrivata al traguardo, inimmaginabilmente prima tra le bravissime donne presenti alla competizione.
Per me questa è stata la dimostrazione che la passione per la corsa e l’amore che si nutre per la natura possono dare un’energia straordinaria ed inaspettata che porta oltre se stessi e le proprie capacità conosciute. Per me questo dimostra anche che la costanza, la perseveranza e talvolta anche l’ostinazione con la quale ci si prende cura del proprio corpo e della propria mente prima o poi premiano: l’allenamento del corpo con le corse in montagna e in città, le escursioni, le camminate eseguite ad incastro tra lavoro, mestieri ed impegni vari, spesso con il fardello delle stanchezze e dei malumori. Oltre a questo, anche il nutrimento del corpo ha rivestito notevole importanza, nel cercare tutto ciò di cui esso ha bisogno e togliendogli ciò che lo danneggia. Punto molto complicato perché per farlo nel modo più corretto il corpo va ascoltato e se necessario misurato ed analizzato.
Vi faccio un esempio: all’inizio di quest’anno ero al limite minimo della mia forma fisica e probabilmente anche mentale ed oltre a cercare a tutti i costi piccoli momenti di riposo ed evasione (la montagna), ho eseguito accertamenti clinici dal momento che soffrivo di malesseri gastrointestinali che mi impedivano di dare il meglio. Ho quindi studiato le mie abitudini alimentari trattandomi come se fossi io stessa un mio paziente coinvolgendo i miei colleghi dell’IMBIO ed ho capito che il problema stava nel mio intestino: una disbiosi e forse un’intolleranza. Ed è così che con un ALCAT e altri esami ematici specifici ho scoperto una sensibilità al glutine ed un’intolleranza al nichel. Dieta e cura a base di probiotici e un’integrazione corretta in base alle carenze minerali evidenziate con un mineralogramma da una ciocca di capelli hanno fatto il resto. Molto utile quest’ultimo esame che ci racconta tutto di noi su quello che ci manca dal punto di vista vitaminico e di sali minerali e su quello di cui siamo intossicati. In un mese la mia corsa da una dura salita si è trasformata in una divertente discesa: se vi dovessi dire cosa mi ha fatto vincere questo Ultra Trail del lago d’Orta, vi direi tutto questo e tutto insieme, che in poche parole è amare il proprio corpo e la propria anima.
 
Dr.ssa Cecilia Pedroni

Posted on www.imgep.com


IL NATALE NUTRE ANCHE LA DISBIOSI, DIFENDERCI SI PUÒ
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Natale è dolcezza, perché è occasione di condivisione di affetto, perché è coccolarsi con qualche regalo…e sicuramente anche perché è ricchezza di dolci per i nostri palati! Cioccolati di ogni ripieno, panettoni e pandori, torte e biscotti, torroni e altro ancora...tanto zucchero per più giorni consecutivi, felice il nostro cervello ma anche una particolare popolazione della nostra flora intestinale: i lieviti, tra cui soprattutto la sottospecie Candida Albicans. Questo nostro commensale è normalmente presente nel nostro intestino e nel periodo natalizio prolifera golosamente; il suo nutrimento sono proprio gli zuccheri semplici e i latticini di cui la nostra dieta si arricchisce durante le Feste. E, più Candida cresce, più la sua fame si fa sentire; questo lievito riesce a comunicare con la nostra mente, ecco perché più mangiamo dolci e più ne vorremo mangiare! Il meccanismo si autoalimenta e il rischio è di accumulare qualche chilo di troppo, ma soprattutto di sviluppare una Disbiosi Intestinale. La Disbiosi è, infatti, uno squilibrio delle nostre popolazioni batteriche intestinali, a favore soprattutto di Candida, che va’ ad alterare una normale situazione di Eubiosi in cui le varie specie convivono in equilibrio l’un l’altra nella giusta qualità e quantità. Per riconoscere una Disbiosi è semplice, innanzitutto perché la nostra voglia di dolce è costante, ma non solo, spesso si soffre di fastidiosi gonfiori addominali, stipsi o diarrea, mal di pancia, talvolta di mal di testa e stanchezza, non di meno di alterazioni della pelle con foruncoli o acne, e nelle donne di pruriti intimi dovuti proprio ad una migrazione di Candida a livello vaginale. La prima cosa che possiamo iniziare a metter in atto come prevenzione alla Disbiosi, a partire da questo periodo pre-natalizio, è quella di disabituarci al gusto del troppo dolce, allenando i nostri palati ad evitare naturalmente l’eccesso di zucchero dai cibi; ci  farà sì che all’occasione limiteremo da soli l’assunzione di dolci in troppa quantità. Ma possiamo anche cercare, di fronte ad un dolce, di bilanciare lo zucchero in esso presente assumendo insieme ad esso fonti di fibre o proteine (es. frutta o frutta secca o yogurt), questo per evitare lo sbalzo glicemico del solo zucchero preso a digiuno. Meglio infatti un dolce assunto nel contesto di un pasto piuttosto che a digiuno o come sostituto di un pasto, ancor meglio sarebbe mangiarlo a colazione o comunque nella prima parte della giornata, e peggio alla sera perché peserà sul nostro girovita o sui nostri fianchi. Se invece questi accorgimenti e i nostri buoni propositi hanno ceduto alle tentazioni natalizie, e troppo spesso abbiamo perso il controllo della situazione, possiamo comunque rimediare e recuperare. Un semplice esame delle urine può  rilevarci uno stato di Disbiosi Intestinale più o meno grave; una terapia probiotica adeguata dietro consiglio nutrizionale/medico, con fermenti lattici di qualità che vadano a ripristinare l’equilibrio tra le specie batteriche intestinali, ricolonizzando l’intestino in modo adeguato, sono la nostra soluzione! Non posso che augurarvi… Buon Dolce (di tante cose) Natale a tutti!

Dr.ssa Cecilia Pedroni
Navigli n.19, 24 novembre 2015  
 
 

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